mercoledì 8 agosto 2012

Diplomazia Pontificia: compiti e principi


E' il testo di una conferenza tenuta il 12 Febbraio 2009 alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Sarajevo. L'importanza delle tematiche sviluppate e il dibattito suscitato a livello accademico hanno reso opportuna una diffusa pubblicazione. Il testo della conferenza, rimaneggiato per l'occasione, ha trovato anche il luogo della riflessione teologica e storico-ecclesiale tra le pagine di 'Studi Storici e Religiosi' (N.1, 2010), la rivista semestrale che viene stampata a cura dell'Istituto di Scienze Religiose 'San Paolo' della diocesi di Aversa originaria di S. E. Alessandro D'Errico.
Mons. D'Errico tratta alcune fondamentali questioni che riguardano la Diplomazia Pontificia, dandone una lezione semiologica storica ed istituzionale, e sottolineandone le specificità etiche ed ecclesiali. Il Nunzio Apostolico viene accreditato dalla Santa Sede, ossia dal Governo Centrale della Chiesa Cattolica con a capo il Papa, sia per stabilire rapporti diplomatici e relazioni bilaterali con le Autorità degli Stati e sia per rappresentare il magistero pontificio nella comunione ecclesiale locale. Il suo ruolo si esprime quindi nell'irrinunciabile dialogo, per la pace e per il servizio a favore della salvezza e della dignità della persona umana e dei popoli, svolto nella prospettiva umanitaria evangelica e missionaria.
Alcune annotazioni personali di Mons. D'Errico, intercalate nella sapiente trattazione dell'argomento, sono estremamente significative per la consapevolezza e la testimonianza della fede di un nunzio apostolico: il “martirio della pazienza”, allocuzione del cardinale Casaroli, che caratterizza il sentimento antropologico della fiducia incrollabile nell'umana bontà e nella riuscita delle intenzioni diplomatiche della Santa Sede, e la coscienza ecclesiale di essere “servo inutile” a disposizione del Signore nel compimento del proprio dovere. 

DIPLOMAZIA PONTIFICIA:
COMPITI E PRINCIPI

Alessandro D'Errico

Recentemente ho tenuto una conferenza sulla diplomazia pontificia alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Sarajevo. In tale circostanza parecchi mi hanno chiesto di mettere per iscritto le mie riflessioni, al fine di una più larga e più fedele diffusione. Da ciò trae origine anche questo articolo, con il quale intendo rispondere alle questioni che spesso si pongono qua e là in merito alla diplomazia vaticana.

Santa Sede o Stato della Città del Vaticano?

Le prime domande - di base - sono queste: Cosa è meglio dire: diplomazia della Santa Sede o
dello Stato della Città del Vaticano? E come si esercita questa diplomazia, se il Vaticano non ha
industria, né commercio, né esercito; e di conseguenza non ha una cooperazione economica o
cooperazione militare da offrire?
Per rispondere a queste questioni, anzitutto mi sembra importante chiarire cosa si intende per Santa Sede e per Stato della Città del Vaticano. Nel diritto e nella prassi internazionale per Santa Sede si intende il Governo Centrale della Chiesa Cattolica (con a capo il Papa), al quale viene riconosciuta sovranità piena e assoluta nella sua missione spirituale - e percio il diritto di legazione attivo e passivo - come a uno Stato. Attualmente la Santa Sede ha relazioni diplomatiche con 177 Paesi; ma a questo numero bisogna aggiungere ancora qualcosa, come dirò piu avanti.
Quali sono i motivi per giustificare questo riconoscimento, che attualmente è unico nella storia del diritto internazionale e diplomatico?
Ci sono diverse teorie internazionalistiche, che non mi e possibile esporre qui per limiti di tempo. Tuttavia vorrei almeno accennare a una teoria di piu facile presentazione, di ordine storico. Come sapete, per molti secoli - dal 754 al 1870 - il Papa e stato anche Sovrano temporale di uno Stato vero e proprio, che si chiamava "Stati Pontifici". Esso copriva un territorio abbastanza vasto, che corrispondeva piu o meno all'Italia centrale di oggi. Gli Stati Pontifici conobbero serie difficolta nella seconda meta del XIX secolo. Allora in Italia, che aveva una diversa configurazione politica, e comprendeva parecchi piccoli Stati sovrani, maturò il senso di una unità nazionale, che (con la soppressione dei piccoli Stati) si realizzò soprattutto negli anni 1859-1870. Roma – allora capitale degli Stati Pontifici – fu occupata nel 1870. A livello internazionale il Sommo Pontefice continuò di fatto ad esercitare il diritto di legazione attivo e passivo, pur trovandosi nella difficile situazione di vedere occupati i territori degli Stati Pontifici. Fu cosi che un po' per volta i Papi che si succedettero in quegli anni maturarono l'idea di rinunciare alla sovranita temporale, per concentrarsi sulla missione spirituale di Capo della Chiesa Cattolica.
La questione fu risolta nel 1929, quando fu stipulato il Trattato Lateranense con l'Italia. Con esso fu riconosciuta la sovranita piena e assoluta del Papa nella sua missione spirituale (come a un Capo di Stato); e al tempo stesso fu riconosciuta anche la sua potesta sovrana su un piccolo territorio di Roma, intorno al colle Vaticano. Nacque cosi lo Stato della Città del Vaticano (SCV), che in questa prospettiva e erede degli Stati Pontifici. Perciò per SCV intendiamo il piccolo territorio (44 ettari) riconosciuto come Stato, per garantire la indipendenza e la sovranità della Santa Sede, e per facilitare la sua missione spirituale ma anche internazionale.
Allora, chi e il soggetto di diritto internazionale, il soggetto della diplomazia pontificia? La Santa Sede o lo Stato della Citta del Vaticano?
La risposta e che entrambi sono soggetti di diritto internazionale; e entrambi hanno un unico Sovrano, che è il Papa. Ma lo SCV e certamente atipico nella sua sovranità, perche essa è finalizzata a quella della Santa Sede, come ho cercato di chiarire.
Di conseguenza, dire diplomazia dello SCV o Ambasciata dello SCV e parecchio limitativo: la diplomazia pontificia è diplomazia della Santa Sede; e i Nunzi Apostolici sono Ambasciatori della Santa Sede. Cosi pure, il passaporto dei diplomatici vaticani è della Santa Sede; e nella lista diplomatica di tutti i Paesi con i quali abbiamo relazioni diplomatiche, veniamo sotto il nome "Santa Sede".
A conferma di cio, vorrei ricordare che nella lista dei Paesi pubblicata annualmente dall'ONU, al
nome "Santa Sede" è aggiunta una specificazione; e cioè, che all'ONU deve essere usato il nome "Santa Sede", eccetto tuttavia cio che riguarda l'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni e l'Unione Universale delle Poste, ove bisogna usare il termine SCV.
Tuttavia, direi che e corretto anche parlare di diplomazia vaticana, se per "Vaticano" intendiamo non solo lo SCV, ma una maniera piu estesa di intendere la Santa Sede, come autorità morale e spirituale nella Comunita Internazionale.

Nunziature e Nunzi Apostolici

Le Ambasciate della Santa Sede hanno il nome di Nunziatura Apostolica; e l'Ambasciatore della Santa Sede ha il nome di Nunzio Apostolico. La parola "Nunzio" è di origine latina. Significa messaggero, inviato; la parola "apostolico" fa riferimento al Papa e alla Sua missione. Perciò il Nunzio Apostolico è l'Inviato del Papa, l'Ambasciatore del Papa e della Santa Sede. Dire che il Nunzio Apostolico è l'Ambasciatore della Santa Sede, è si corretto, per ovvi motivi; ma non dice interamente la sua funzione e la sua missione. E questo per un motivo molto semplice: il Nunzio Apostolico è l'Inviato della Santa Sede, del Papa; ma il Papa e la Santa Sede hanno non solo una funzione diplomatica, ma anche una funzione spirituale: di Governo Centrale della Comunita Cattolica. Questi due aspetti, queste due funzioni sono fondamentali per intendere meglio il lavoro di un Nunzio e di una Nunziatura Apostolica.
Dal punto di vista del diritto interno della Chiesa, un documento importante per capire e definire le funzioni dei Nunzi Apostolici è quello di Paolo VI, del 1969: la Sollecitudo Omnium Ecclesiarum. Questo documento è passato nella sostanza nell'attuale Codice di Diritto Canonico, che è in vigore dal 1983. Questi due testi legislativi - di diritto interno alla Chiesa Cattolica - presentano tre compiti per la missione del Nunzio Apostolico:
Compito diplomatico: e quello presso gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, analogo a quello di altri Ambasciatori;
Compito ecclesiale: il Nunzio Apostolico ha anche una missione presso la Comunita Cattolica del Paese al quale e inviato. E' una funzione di coordinamento a livello locale, e di tramite tra le
Comunita Cattoliche e il Governo Centrale della Chiesa (Santa Sede);
Compito ecumenico e interreligioso. Oggi - dopo le incomprensioni del passato - si insiste molto sulla necessita di un dialogo tra le culture e tra le religioni. Parliamo di dialogo ecumenico, quando si tratta di relazioni con altre denominazioni religiose cristiane (gli Ortodossi, per es., per ciò che riguarda la Bosnia ed Erzegovina). Parliamo di dialogo interreligioso, quando si tratta di relazioni e contatti con altre religioni non-cristiane, come per
esempio l'Islam.
Per questa ragione, all'inizio della sua missione un Nunzio Apostolico riceve due Lettere Credenziali: una per il Capo di Stato al quale e inviato (come gli altri Ambasciatori), e un'altra per il Presidente della Conferenza dei Vescovi della Comunita Cattolica locale (che qui in Bosnia ed Erzegovina è il Card. Vinko Puljić, Arcivescovo Metropolita di Vrhbosna-Sarajevo). Così è stato anche per me, quando sono arrivato nel 2006.
Da un punto di vista internazionalistico, della figura del Nunzio Apostolico si parla espressamente nella Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche, del 1961. L'art. 14 della Convenzione di Vienna parla di 3 classi di Capi-Missione; per la prima classe dice espressamente che essa e "quella di Ambasciatori o Nunzi Apostolici accreditati presso i Capi di
Stati, e quella di altri Capi Missione che hanno un rango equivalente". Poi – e questo è un punto interessante – di nuovo si parla dei Nunzi Apostolici all'art. 16. Questo articolo riguarda la decananza, l'ordine di precedenza tra i Capi Missione. Orbene, al par. 1 si stabilisce che i Capi Missione prendono il loro rango secondo la data e l'ora in cui hanno assunto le loro funzioni; poi, al par. 3 si dice: "Questo articolo non tocca gli usi che sono accettati o saranno accettati dallo Stato accreditatario per ciò che concerne la precedenza del Rappresentante della Santa Sede".
Questo paragrafo trova la sua ragion d'essere nel fatto che in molti Paesi - soprattutto quelli a maggioranza cattolica (ma non solo quelli) - c'è l'uso di dare al Nunzio Apostolico la precedenza tra i Capi Missione. In altre parole, il Nunzio Apostolico diventa subito Decano del Corpo Diplomatico, dal momento in cui presenta le Credenziali. Questo avviene in tutta l'America Latina, in quasi tutta l'America Centrale, in parecchi Paesi di Europa, in qualche Paese di Asia e di Africa (Filippine, Costa d'Avorio, Marocco). Tra i Paesi europei ci sono tra l'altro: Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Belgio, Irlanda, Italia, Malta, Austria, Svizzera, Ungheria, Slovacchia, Polonia. Per i Balcani, cio avviene in Slovenia e in Croazia (in questa regione, abbiamo un Nunzio Apostolico non-decano a Belgrado e a Sarajevo; e un Nunzio Apostolico non residente per Maceonia e Montenegro).
Come ho già accennato, attualmente la Santa Sede ha relazioni diplomatiche con 177 Paesi. Ad essi bisogna aggiungere la Comunità Europee e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Poi ci sono Missioni Speciali presso la Federazione Russa e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina. A Livello multilaterale, la Santa Sede è presente presso una trentina di Organizzazioni Internazionali e Organizzazioni Regionali.

Altri elementi singolari della diplomazia pontificia.

Mi pare opportuno menzionare altri due aspetti di minore importanza, ma forse interessanti.
I diplomatici della Santa Sede non vengono reclutati in un solo Paese, ma in tutti e cinque i Continenti. In passato c'era una maggioranza di italiani; negli ultimi anni si sta allargando sempre più il cosiddetto fenomeno di internazionalizzazione della diplomazia pontificia (lo stesso Papa viene dalla Germania; Giovanni Paolo II era polacco). Il motivo è ovvio, considerando ciò che abbiamo detto circa la Santa Sede come Governo Centrale della Chiesa cattolica, che è sparsa in tutto il mondo. A Sarajevo, il Nunzio Apostolico è italiano, il primo Collaboratore è polacco. La Bosnia ed Erzegovina ha tre diplomatici vaticani (uno e alla Nunziatura Apostolica in Brasile, un altro in Nuova Zelanda, un altro al Protocollo della Casa Pontificia).
Il doppio accreditamento di un Nunzio Apostolico (presso lo Stato e presso la Comunità Cattolica locale) fa si che un rappresentante pontificio è sempre a casa sua; nel senso che viene accolto dalla Comunita Cattolica locale anzitutto come un Arcivescovo, che è l'Inviato personale del Papa. Percio, quando viaggia, il Nunzio è sempre ospite di Vescovi/Sacerdoti/Religiosi del posto. Per la mia esperienza, trovo che ciò è molto utile: ci consente di capire meglio la mentalità del posto e di partecipare naturalmente alla vita di ogni giorno delle popolazioni locali. A mio avviso, anche questo è uno dei tanti piccoli segreti della diplomazia vaticana: nel senso che partiamo - diciamo cosi – avvantaggiati rispetto ai nostri colleghi di altri Paesi, perchè non siamo mai considerati "stranieri".

La diplomazia più antica?

Spesso si dice che la diplomazia pontificia è tra le più antiche. Alcuni dicono anzi che è la più antica in assoluto. E' corretto? Forse si.
Intanto bisogna considerare che inviati e ambascerie tra Sovrani sono vecchi come il mondo. Ma ricorderete che come data di nascita della diplomazia moderna - e cioè di inviati e missioni permanenti – un po' tutti prendono il 1445, allorchè l'allora Repubblica di Venezia aprì una missione diplomatica permanente a Firenze. Nel giro di pochi anni, fecero altrettanto parecchi Stati, e anche gli Stati Pontifici. Per la nostra diplomazia, l'anno 1500 è una tappa importante,
perchè fu allora che si aprirono le prime due Nunziature Apostoliche nel senso moderno: a Venezia e a Parigi. Dunque, mi sembra corretto dire che la diplomazia pontificia è tra le più antiche.
Al limite si potrebbe anche dire che la diplomazia pontificia è la piu antica in assoluto, perchè gia molto prima del 1445 i Papi avevano istituzionalizzato una forma di missione permanente. Mi riferisco a ciò che i Sommi Pontefici usavano fare nel Medio Evo, inviando un proprio Rappresentante presso la Corte di Costantinopoli (che aveva preso il posto di Roma come guida
dell'Impero Romano, a partire dal 536). Questo inviato papale era chiamato Apocrisario. Un po'
per volta gli Apocrisari furono inviati anche presso i nuovi Regni che apparirono in Europa, alla caduta dell'Impero Romano. Particolare importanza ebbe l'Apocrisario presso la Corte dei Franchi. Qualche studioso fa notare che la figura dell'Apocrisario non puo essere equiparata "sic et simpliciter" ad un Nunzio Apostolico: perchè l'Apocrisario poneva in contatto due Autorità complementari in seno ad una medesima societa (Chiesa e Stato), e non due Autorità della medesima natura (cioè due Governi sovrani). In ogni caso, tutti sono d'accordo nell'affermare che questa figura – dell'Apocrisario – rappresenta certamente un primo passo verso la nomina dei moderni Nunzi Apostolici, che venne a partire dal 1500, come ho menzionato, quando il Papa ormai non era solo Capo della Chiesa Cattolica, ma anche Sovrano degli Stati Pontifici. Allo stesso modo, un po' tutti sono d'accordo nel riconoscere che la nostra Scuola Diplomatica è la piu antica in assoluto. Essa si chiama Pontificia Accademia Ecclesiastica, e si trova al centro di Roma (in un palazzo extraterritoriale) alle spalle del Pantheon. Fu istituita da Papa Clemente XI nel 1701. Pochi anni fa ha celebrato il terzo centenario di fondazione, con la partecipazione di Giovanni Paolo II e delle piu alte autorità della Santa Sede. La Pontificia Accademia Ecclesiastica ha alunni che vengono dai cinque continenti (circa trenta ogni anno, per almeno due anni di corso).

Principi guida della diplomazia pontificia.

Penso sia utile presentare a grandi linee alcuni principi che guidano la diplomazia vaticana.

1° principio. La Santa Sede ha piena consapevolezza del suo ruolo singolare nella Comunità Internazionale: si tratta - come ho cercato si esporre nella prima parte - di un'autorità spirituale, morale, non temporale. Un'autorità che viene al Papa dal fatto di essere Capo della Chiesa Cattolica. Spesso i Sommi Pontefici hanno parlato del ruolo della Santa Sede come "esperta in umanità", "coscienza morale" dell'umanità. Questo è il campo proprio di competenza della Santa Sede: non questioni di interessi economici o militari, ne di schieramenti politici. Certamente ci rendiamo conto che talvolta non e facile partecipare ad assisi di diplomazia multilaterale o a negoziati bilaterali senza una cooperazione economica o militare da offrire in contropartita. Ma crediamo fermamente nella forza delle idee e della ragione. E in ciò siamo incoraggiati dai risultati a volta sorprendenti ottenuti dalla nostra diplomazia disarmata: come nel corso della mediazione tra Argentina e Cile (a partire dal 1979); oppure quando pensiamo a ciò che può essere stato il ruolo avuto dalla Santa Sede - di cui si parla tanto spesso – nel declino dei regimi comunisti del secolo scorso.
Qualche volta è piu difficile. E allora c'e un "martirio della pazienza" da esercitare, come diceva il grande Cardinale Agostino Casaroli, che fu il primo Segretario di Stato di Giovanni Paolo II, per molti anni. E con pazienza continuiamo a proporre le nostre idee, e ad attendere tempi migliori.

2° principio. Al centro e alla base della nostra diplomazia poniamo la persona umana, senza differenze di razza, di cultura o di religione; e, di conseguenza, i diritti fondamentali della persona. Per citarne alcuni - i piu frequenti nei nostri interventi - il diritto alla vita, all'educazione, alla libertà, alla partecipazione nella vita politica. Particolare importanza diamo alla libertà di coscienza e di religione: ogni persona deve essere libera di esprimersi secondo quanto gli viene ispirato o dettato dalla propria coscienza; e deve essere libera di scegliere e praticare la propria religione, non solo a livello privato, ma anche a livello pubblico e sociale. Perciò, quali che siano i sistemi politici, giuridici o economici, riteniamo che essi dovrebbero porsi al servizio della persona umana e mai "sopra" o "contro" di essa.

3° principio. A livello di aggregazione di gruppi e di popoli, riteniamo che non ci sia un modello stereotipato da offrire. Siamo contrari ad ogni forma di neo-colonialismo politico o culturale, che cercasse di imporre un sistema che funziona in ben altre condizioni di economia, politica e storia. In altre parole, non proponiamo nessun sistema politico o costituzionale come il migliore in assoluto. Tuttavia, in termini generali, riteniamo che gli ideali democratici meglio garantiscono la partecipazione dei cittadini al processo politico, e meglio assicurano la necessaria corresponsabilità nel destino del proprio Paese.

4° principio. A livello di relazioni internazionali, sosteniamo gli sforzi della diplomazia multilaterale e il rispetto del diritto internazionale. Dal nostro punto di vista, come avviene per i singoli, anche le relazioni tra gli Stati devono essere regolate da giustizia, solidarietà, uso della ragione, leggi giuste; e non dalla violenza, dalla forza, dalle intimidazioni e dalle pressioni. Questo è il motivo per il quale la Santa Sede ha sempre sostenuto il ruolo dell'ONU. Ed è per questo motivo che i Papi hanno sempre fatto visita all'ONU (Benedetto XVI è stato a New York nell'aprile dello scorso anno). Ovviamente l'ONU lo intendiamo non come un centro burocratico-amministrativo, ma come un centro morale, dove tutti i Paesi e tutti i Popoli del mondo sviluppano la consapevolezza di costituire come una grande famiglia, la Famiglia delle Nazioni. E ciò richiede rispetto, fiducia, sostegno reciproco, specialmente per i Paesi piu poveri e piu deboli, analogamente a ciò che avviene in una famiglia.

5° principio. Alla luce di tutto ciò, riteniamo che la guerra non costituisce una soluzione per i conflitti, che purtroppo emergono sulla scena internazionale con regolare periodicità. La guerra
andrebbe sempre evitata e scongiurata, perchè la violenza è ripetitrice di violenza. Crediamo nella forza e nella possibilità del dialogo e del negoziato, e proponiamo che bisogna sempre fare tutto il possibile per giungere ad una piena riconciliazione tra le parti in conflitto, attraverso opportune vie diplomatiche. Perciò condanniamo il terrorismo e ogni forma di violenza che venisse esercitata per far valere i propri diritti. Per casi eccezionali, quando proprio fosse inevitabile il ricorso alle armi, per adempiere il dovere di proteggere lo Stato o la Comunità Internazionale (diritto di difesa), diciamo che questo uso della forza deve essere ben definito e limitato da specifici criteri umanitari. E ciò per evitare - tanto per essere chiari - gli abusi e i crimini che in epoca recente si sono avuti anche in Europa, anche nei Balcani, e anche in Bosnia ed Erzegovina.
In termini positivi, crediamo nella necessità di promuovere sempre - a livello preventivo – le condizioni necessarie per una pace giusta e per una solidale armonia sociale e internazionale. In altre parole, una pace che non significa solo assenza di guerra, ma un insieme di condizioni positive, che garantiscano ai singoli, alle comunità e agli Stati, di esprimersi e svilupparsi con serenità, nel rispetto della dignità della persona umana, in armonia con gli altri, con relazioni ispirate a criteri di giustizia e di solidarietà.

Sarei tentato di aggiungere qualche personale esperienza del mio servizio ecclesiale di Nunzio Apostolico in Pakistan (1999-2005) e in Bosnia ed Erzegovina (dal 2006). Preferisco rimandare questa parte ad una futura elaborazione, per non andare oltre lo scopo che mi sono prefisso per questo articolo (presentazione generale della diplomazia pontificia). Tuttavia, a conclusione di quanto ho cercato di esporre, ritengo opportuno far cenno ad un piccolo episodio “personale”. Qualche giorno fa, un amico mi ha chiesto cosa provo quando ascolto o leggo espressioni di ammirazione o gratitudine per la diplomazia vaticana. Ho risposto che ne sono contento, ovviamente; ma che ho appreso da grandi Maestri. E cioè, che non ne possiamo fare un vanto, perchè anche nelle attività a livello internazionale dobbiamo avere sempre l'insegnamento di Gesù, che ci ha chiesto di ripetere incessantemente: “ Siamo servi inutili: abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10).







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