lunedì 19 maggio 2014

Messa di ringraziamento a Zagabria per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II


Nelle comunicazioni ufficiali della 48.a Conferenza Episcopale Croata e sul portale dell’Arcidiocesi di Zagabria è stato dato un grande rilievo alla Santa Messa di ringraziamento per la canonizzazione dei Santi Papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. L’Eucaristia è stata presieduta dall’Arcivescovo Alessandro D’Errico in comunione con il cardinale Bozanic, Arcivescovo di Zagabria, con l’Arcivescovo Zelimir Puljic, Presidente della Conferenza Episcopale Croata, con i vescovi croati partecipanti alla Sessione del 13 Maggio 2014 e con i vescovi delegati delle Conferenze Episcopali delle nazioni vicine come la Bosnia-Erzegovina e la Slovenia (vedi post sulla 48.a Sessione della CBC).
In particolare il portale dell’Arcidiocesi, sottolineando la coincidenza con la Festa della Madonna di Fatima, ha pubblicato una bella galleria fotografica della celebrazione che è stata seguita dalla presentazione in cattedrale del libro scritto dal cardinale Bozanic su Giovanni Paolo II e sulla importanza del suo pontificato per la Croazia.
I media cattolici e laici, anche della Bosnia-Erzegovina, hanno dato ampio spazio all’evento ed hanno riportato commenti e  brani in croato dell’omelia del Nunzio Apostolico. Noi la leggiamo per intero nel testo originale in italiano.

Messa di Ringraziamento
per la Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II 
Omelia del Nunzio Apostolico
(Zagabria, 13 maggio 2014)


Sono molto grato al Cardinale Bozanić per essersi fatto promotore di una solenne Messa di ringraziamento per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovani Paolo II, in occasione della Sessione Primaverile della Conferenza Episcopale. Insieme a lui, saluto fraternamente il Presidente della CEC, l’Arcivescovo Želimir Puljić, i Confratelli Vescovi qui presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i Seminaristi, gli operatori di Pastorale, e tutti voi, cari fratelli e sorelle, che partecipate con tanta devozione a questa solenne liturgia. Con tutta semplicità, consentitemi di dire che sono molto toccato da questa iniziativa, che esprime - un volta di più - i vincoli di profonda comunione della Chiesa di Dio che è in Croazia con la Sede Apostolica.

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati due Pontefici che hanno segnato la storia della Chiesa contemporanea. Il primo, il Papa Buono, è il Papa del Concilio Vaticano II, che ha aperto nuovi orizzonti per il cammino della Chiesa; ed è il Papa che ha toccato i cuori di generazioni di persone, anche di quelle tradizionalmente lontane dalla fede cristiana. Giovanni Paolo II è il Papa che veniva dall’Est. Il suo lungo pontificato è stato ricco di frutti, anche perché era animato da un grande senso pastorale e missionario, che lo portò a rendersi fisicamente presente in tutti i punti dell’Orbe cristiano. E’ il Papa che qui è conosciuto come amico della Croazia. Ebbene, soprattutto su di lui vorrei soffermarmi con una mia personale testimonianza, perché ho avuto la gioia e l’onore di conoscerlo da vicino, e perché egli ha sempre costituito per me un importante e constante punto di riferimento nel mio cammino di Sacerdote e di Vescovo.

Fu lui a chiamarmi all’episcopato nel 1998 e da lui ricevetti l’ordinazione episcopale il 6 gennaio 1999. Ebbi il privilegio di conoscerlo personalmente, prima nel mio servizio nelle Nunziature Apostoliche, e specialmente dal 1986, allorché fui trasferito alla Prefettura della Casa Pontificia, e poi in Italia. Successivamente, nella primavera del 1992, accolsi con emozione la notizia che egli voleva destinarmi alla Nunziatura Apostolica in Polonia, la sua amatissima Patria. Lì per sette anni potei costatare più da vicino i vincoli profondi che univano il Santo Padre, la Polonia e il mondo slavo. Lì capii meglio alcuni aspetti della sua grande personalità di sacerdote, filosofo e pastore.

Nel 1998 egli mi volle suo Rappresentante in Pakistan e Afghanistan. E proprio dalla intensa esperienza in quei Paesi lontani, vorrei menzionare un episodio che è restato impresso in maniera indelebile nel grato ricordo che ho di lui. Alla sua morte, nel 2005, fu commovente vedere la partecipazione delle nostre piccole comunità e anche di tanti musulmani di buona volontà. Soprattutto destò molta meraviglia il fatto che il Presidente di quella Repubblica Islamica, il Gen. Pervez Musharraf, mi fece sapere che era suo desiderio di venire in Nunziatura per fare le condoglianze. Non era una cosa di routine, perché il Presidente non partecipava ad eventi tristi o lieti delle Ambasciate. Venne dunque il Capo dello Stato, scrisse una pagina densa sul registro di condoglianze; ci intrattenemmo a lungo sulle spinose questioni delle relazioni sofferte tra le comunità cristiane e il mondo islamico. Poi - allorché presentai il personale della Nunziatura Apostolica - il Gen. Musharraf improvvisò un discorso, in cui disse qualcosa che a mio parere coglieva una specifica nota della figura di Giovanni Paolo: “Vi chiederete perché ho fatto questo strappo al protocollo. Ebbene il motivo è molto semplice: quando sono stato da lui in Vaticano, mi colpì soprattutto una cosa. Al di là di quello che ci dicemmo, fui affascinato dalla “grande luce” che emanava da lui. Lo ricordo come una persona “fosforescente”. Trasmetteva una energia di luce, che mi toccò profondamente”.

            Ebbene, questa era stata anche la mia esperienza, sin dal primo incontro personale con Giovanni Paolo. Il Gen. Musharraf aveva ragione! Da lui emanava una grande luce: la luce del suo mondo interiore, della Sua vicinanza con Dio. Di lui ho sempre ammirato la fermezza del carattere, la vasta formazione umana e culturale, la coerenza delle decisioni, l’illuminato magistero, lo zelo apostolico, l’impegno ecumenico ed interreligioso. Ma soprattutto, in me resta per sempre scritta nella memoria che ho di lui, la luce che si irradiava negli incontri con lui. Perciò non cesso di rendere grazie a Dio per il dono che ha fatto alla Chiesa e al mondo di una tale eminente e santa figura di Vescovo e di Sommo Pontefice.

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            Un altro punto vorrei aggiungere in questa mia testimonianza; e questo riguarda ciò che molti tra voi ebbero la possibilità di sperimentare e di provare direttamente. E cioè, Giovanni Paolo II era una persona che conosceva bene i problemi della Croazia. Egli univa in maniera esemplare la sensibilità slava della sua origine polacca con la responsabilità del Supremo Pastore della Chiesa Cattolica.

            Quando ero in servizio a Roma (fino al 1992) e quando ero in Polonia (fino al 1999), lo sentii molte volte esprimere la sua amarezza e la sua preoccupazione per ciò che stava succedendo qui, in Croazia e nei Paesi vicini, alla fine del ventesimo secolo, in piena Europa. Perciò non esitò a levare incessantemente la sua voce, per richiamare l’attenzione del mondo e dei responsabili della comunità internazionale. Per questo motivo, sentì suo dovere attivare le risorse migliori della diplomazia pontificia, affinché la voce del Papa avesse l’eco sperata. E, come ben sapete, si fece premura di seguire personalmente gli interventi degli organismi caritativi cattolici, affinché la vicinanza spirituale si traducesse anche in iniziative e gesti concreti di solidarietà.

            Questa celebrazione mi spinge anche a richiamare qualche elemento che non può essere dimenticato. E cioè, in questi anni del mio servizio alla Chiesa croata, ho potuto costatare che i fedeli croati conservano nella propria memoria di fede in particolare il tesoro delle tre Visite di Giovanni Paolo II in Croazia e delle due in Bosnia ed Erzegovina. Oltre a queste, nell’anno 1989 egli visitò pure il Pontificio Collegio Croato di San Girolamo in Roma. Personalmente sono convinto che proprio quei giorni - per quanto essi rispecchiavano le gravi difficoltà e le sfide di delicati momenti storici - sono tra i giorni i più felici della Chiesa croata. Perciò sono veramente lieto che stasera possiamo pregare insieme proprio nella Cattedrale di Zagabria, che custodisce la memoria di due di quelle Visite.

            Senza dubbio, la prima Visita di vent’anni fa ebbe un’importanza speciale: la preghiera di Giovanni Paolo II sulla tomba del Cardinale Alojzije Stepinac fu un gesto che toccò profondamente i fedeli croati, e allo stesso tempo aprì la strada verso la canonizzazione di quel venerabile Pastore, per la quale continuiamo a pregare intensamente anche oggi.

            Inoltre, mi pare importante menzionare che le relazioni tra i fedeli croati e Giovanni Paolo II hanno radici ancora più profonde. Come sarebbe possibile dimenticare l’affetto e il calore delle parole con le quali per la prima volta un Papa si rivolse ai croati, in lingua croata? Questo avvenne trentacinque anni fa, il 30 aprile 1979 nella Basilica di San Pietro a Roma. Dopo aver menzionato ai partecipanti del pellegrinaggio nazionale croato i vincoli tra la Santa Sede e il popolo croato, egli insistette su una triplice fedeltà: la fedeltà a Gesù Cristo e al Vangelo, testimoniata con lo spirito dei martiri; la fedeltà alla Chiesa Romana e alla Cattedra di San Pietro; la fedeltà e la devozione verso Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa. A questa triplice fedeltà aggiunse un triplice incoraggiamento: “Siate fedeli, siate costanti, siate orgogliosi del vostro nome cristiano”! ; e una triplice espressione di vicinanza: “Miei cari Croati! Il Papa vi ama. Il Papa vi abbraccia e vi accoglie. Il Papa vi benedice!”. Nelle sue Visite in Croazia, era sempre intrecciata questa triplicità, non solo come memoria del passato, ma anche come impegno della missione della Chiesa nel popolo croato. Perciò, ogni sua Visita portò dentro di sé uno sguardo retrospettivo di ringraziamento per l’opera compiuta in virtù della grazia di Dio; e al tempo stesso uno sguardo verso il futuro, nella luce della fede.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie a Dio per i doni che abbiamo ricevuto tramite il santo Papa appena canonizzato. Il mio augurio, che si fa preghiera in questa celebrazione eucaristica, è che la triplice fedeltà e i vincoli con la Sede Apostolica continuino ad accompagnare sempre il cammino di queste Chiese particolari.

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Consentitemi un’ultima breve riflessione. Questa celebrazione di ringraziamento è stata organizzata per oggi, quando celebriamo la memoria liturgica della Madonna di Fatima. E ciò per ricordare che il 13 maggio del 1981 Giovanni Paolo II miracolosamente sopravvisse ad un grave attentato, grazie alla celeste protezione di Maria. Nella nostra visione di fede di ciò che avvenne 33 anni fa, ci fu Qualcuno che rovesciò le intenzioni e i piani di persone che deliberatamente avevano deciso di eliminare il Papa. Noi crediamo che ci fu la mano del Signore, grazie all’intercessione della Madre di Dio, com’è avvenuto spesso nella storia della Chiesa. 

Ci sono tanti segni nella vita e nel pontificato di Giovanni Paolo II che parlano “una lingua mariana”. Nella sua devozione alla Madonna, egli affidò a Lei tutta la sua vita; e la Beata Vergine lo accompagnò sempre, in tutte le parti del mondo. Così avvenne anche qui, in Croazia: nei Santuari a Lei dedicati e davanti alle icone mariane qui venerate da secoli, egli sempre affidò le sorti della Chiesa. 

In Giovanni Paolo II possiamo trovare un esempio luminoso di devozione mariana. Ciò mi pare importante specialmente in questo mese di maggio consacrato a Maria. Perciò ci rivolgiamo a Lei, Madre della Chiesa, soprattutto oggi, affidandoLe - con filiale e rinnovato fervore - le ansie, le gioie e le speranze delle nostre Chiese particolari.

Possa la Vergine Santa - Advocata Croatiae, fidelissima Mater - ottenere per tutti noi qui convenuti e per tutta la Chiesa croata - qui degnamente rappresentata dai suoi Sacri Pastori - abbondanza di benedizioni e di grazie. Amen!



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